Abbiamo visto in un precedente post cosa sono le fake news e come difendersi dalla loro creazione e divulgazione.
Oggi, invece, parliamo di cosa possiamo fare come utenti del web per contrastare efficacemente la creazione e diffusione di fake news e, in generale, di contenuti disinformativi.
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Indice dei contenuti
Perché tante persone credono alle fake news?
Come è possibile che in un paese ad alta industrializzazione come l’Italia, nel 2022, possa esservi chi ancora crede che la terra sia piatta e che la forma geoide sia una bugia orchestrata dalla Nasa? E perché, poi, dalla Nasa?
Come si può credere a quello che gli adepti chiamano “effetto pacman“?
Da dove nasce la convinzione che il virus del Covid 19 sia stato creato per azzerare le difese immunitarie degli individui al fine di controllarli con la tecnologia 5G?
La forte dispersione scolastica che ancora oggi il Paese soffre, unita all’elevato livello di analfabetismo funzionale documentato dalla percentuale di persone che non ottiene buoni risultati nella lettura e comprensione del testo, stimato dal programma OCSE PISA in un buon 46,3% della popolazione di età compresa tra i 16 e i 65 anni che non raggiunge il livello di comprensione 3 (per saperne di più leggi i dati ufficiali sull’analfabetismo funzionale in Italia), spiegano solo in parte il problema.
In realtà, gran parte della responsabilità è da attribuirsi a quello che viene comunemente chiamato pregiudizio di conferma o bias di conferma.

In psicologia è denominato bias di conferma quella tendenza a restare ancorati alle proprie convinzioni acquisite, comunque le si sia apprese.
Le persone, in altre parole, hanno la tendenza a cercare, scegliere e interpretare le informazioni che ricevono sempre nel modo più favorevole a confermare la loro opinione a riguardo, prendendo in considerazione solo le prove che confermano un dato pregiudizio o, viceversa, tendendo a sminuire le prove che lo confutano.
La conseguenza pratica di questo atteggiamento psicologico, del tutto naturale, è che le persone non procedono alla ricerca di tutte le prove relative alla veridicità o meno di un determinato fatto da provare o confutare, ma procedono a ricercare solo quelle prove che ritengono coerenti con l’idea che loro stesse hanno di quel fatto.
Questo meccanismo è particolarmente evidente con riferimento alle tematiche che toccano più fortemente le emozioni : la falsa propaganda sul covid19 ha mostrato, e continua a dimostrare, come per alcune persone sia più facile credere a false informazioni destituite di prove scientifiche invocando a base della dimostrazione dati rilasciati da quelle stesse istituzioni che si vogliono poi responsabili della mistificazione di quelli ufficiali.
Gli esperimenti che la comunità scientifica ha condotto sui bias di conferma hanno poi dimostrato due dati importantissimi per spiegare come mai ad alcuni individui riesca tanto facile credere alle fake news:
- La tendenza delle credenze screditate a persistere anche dopo la rimozione della loro validità
- La preferenza per le prime informazioni ricevute.
Nel primo caso, infatti, le persone sottoposte ad esperimento continuavano a dar credito a suggestioni inizialmente ritenute fondate anche dopo che ne era stata dimostrata l’invalidità. Nel secondo, conservavano i giudizi espressi sulla base delle prime informazioni ricevute anche quando, a seguito di integrazione o modifica delle informazioni, i giudizi si rivelavano invalidi (fonte Craig A. Anderson, Mark R. Lepper, Lee Ross, Journal of Personality and Social Psychology).
PER SAPERNE DI PIU’ SUL BIAS DI CONFERMA: Il bias di conferma

Perché è importante combattere le fake news e la cattiva informazione?
La creazione e diffusione di notizie false o fuorvianti ha un solo scopo: orientare e manipolare il pensiero delle persone.
Che si tratti di clickbaiting o di propaganda, non fa differenza: in entrambi i casi la notizia fasulla serve a indurci a fare qualcosa che probabilmente, in assenza di quella particolare notizia, non faremmo.
Se nel primo caso viene in ballo soltanto la morale, perché comunque non è corretto inventare panzane per spingere le persone a cliccare il nostro sito e rimpinguarci il portafoglio, nel secondo caso si tratta di un’aggressione a un bene ancora più profondo dell’etica: la libertà.
La propaganda politica ha come fine ultimo la manipolazione del pensiero che presiede alle decisioni adottate dalle persone. Se nella formulazione dei nostri giudizi su questo o quel politico, sul programma di questo o quel partito, non abbiamo l’opportunità di valutare i fatti spuri da ogni pregiudizio, e veniamo invece influenzati dalla disinformazione creata ad hoc, non siamo più persone libere.
L’informazione è, o dovrebbe essere, libera proprio perchè posta a presidio dell’esercizio del fondamentale diritto dell’essere umano a scegliere in ogni campo che non sia soggetto a riserva di legge, quantomeno.
Se non possiamo fare affidamento sulla veridicità, correttezza, trasparenza delle informazioni che ci vengono presentate, non siamo più liberi.
E questa mancanza di libertà, oltre ad essere inaccettabile in un paese che ha fatto della democrazia uno dei suoi valori fondanti, rischia di alterare in modo molto pericoloso anche l’esercizio e la tutela di diritti fondamentali della persona, come il diritto alla vita e alla salute.
Perché purtroppo le persone pongono le fake news a fondamento delle proprie decisioni in materia sanitaria e questo è pericoloso per loro e per il bene dell’intera collettività.
Questo è il motivo per cui la disinformazione e la misinformazione vanno combattute senza riserva.
PER CAPIRE COME LA FALSA INFORMAZIONE POSSA MANIPOLARE LE OPINIONI: Social media e manipolazione dell’opinione pubblica

Cosa fare per contrastare attivamente il fenomeno delle fake news
Una volta appurato che ci troviamo di fronte a una bufala, a una fake news o a un contenuto disinformativo, cosa dobbiamo fare?
Questo dipende fondamentalmente da che ruolo vogliamo avere nella catena dell’informazione, se vogliamo rimanere inerti o contrastare attivamente il fenomeno delle fake news.
In questo secondo caso, ci sono una serie di azioni che dobbiamo mettere in campo per partecipare alla salvaguardia della corretta informazione on line:
- astenerci dal commentare i post che riportano bufale: l’algoritmo che presiede le logiche dei social network non ha facoltà di distinguere il contenuto dei commenti, non è in grado di comprendere che stiamo commentando soltanto per scrivere che è una bufala. Ogni commento, indipendentemente dal suo contenuto, è un’interazione che aumenta la circolazione del post e, quindi, la diffusione della notizia
- evitare, per la stessa ragione, di condividere il post sul nostro profilo per informare amici e contatti che è una bufala
- segnalare il post come fuorviante o disinformativo tramite l’apposito strumento messo a disposizione dal social: se vogliamo tutelare gli altri utenti, è molto più utile questa azione di un commento che otterrebbe l’effetto contrario
- impegniamoci attivamente per condividere solo contenuti che smentiscano quella bufala: se abbiamo visto nella home di un social network una notizia fake, segnaliamola come tale e poi condividiamo sul nostro profilo il fact-checking che riguarda quella notizia.
- cerchiamo di fare un uso accorto dei social network: leggiamo interamente le notizie prima di condividerle a nostra volta, anche quando il titolo ci sembra riassuntivo in modo esaustivo spesso il contenuto è fake, fasullo o enormemente impreciso e scorretto.
- prima di condividere una qualunque notizia, chiediamoci sempre: ne so abbastanza per diventare io stesso un anello della catena informativa? Ognuno di noi ha un gran numero di amici e seguaci sui social network: vogliamo davvero esporre contenuti di cui sappiamo poco o nulla a una simile potenza di fuoco?
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Creare o diffondere fake news è reato?
In un’epoca in cui moltissimi giovani hanno un blog o, perlomeno, un social network dal quale condividere aspetti più o meno privati della propria vita, è importante sapere che la creazione o diffusione di fake news può rappresentare un’ipotesi di reato e, quindi, generare problemi legali piuttosto seri.
Turbamento dell’ordine pubblico, art. 656 c.p.
Nel nostro ordinamento, chiunque diffonde notizie false, esagerate o tendenziose che siano idonee a turbare l’ordine pubblico è punito, se il fatto non costituisce reato più grave, con l’arresto fino a 3 mesi e l’ammenda fino a 309 euro.
La norma, quindi, stabilisce che non ogni fake news è reato, ma solo quelle che siano idonee a creare un turbamento significativo dell’ordine pubblico.
Per fare un esempio facilmente comprensibile: la creazione e la diffusione della notizia attestante la circostanza che il covid19 sarebbe un virus creato in laboratorio allo scopo di sottoporci tutti alla somministrazione, su scala globale, di un vaccino idoneo a controllare la razza umana, circolata a più riprese dall’inizio della pandemia, integra certamente gli estremi della contravvenzione in esame, perché per la particolare suscettibilità che le persone dimostrano al tema della vaccinazione anticovid è di per sè idonea a creare una turbativa dell’ordine pubblico.
Ne sono dimostrazione i contenuti dei vari forum intercettati dalle forze dell’ordine, nei quali non solo si diffondevano dati riservati relativi a svariate personalità di spicco nel panorama giornalistico, medico e politico, ma si annunciavano nei loro confronti anche azioni armate più o meno aggressive.
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La Dr.ssa Antonella Viola, immunologa e prof.ssa di Patologia Generale presso l’Università di Padova, è stata recentemente minacciata dalle frange novax tramite l’invio di una lettera anonima recante alcuni proiettili. Minacce ritenute tanto serie e gravi da determinare addirittura l’assegnazione di una scorta.
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Sebbene sia chiaro che la responsabilità penale è sempre personale e che, pertanto, per le azioni criminali delle frange estremiste novax non possano essere ritenuti responsabili coloro che abbiano originariamente messo in circolazione le false informazioni, è pacifico che la situazione rappresentata presenti chiaramente il carattere del turbamento dell’ordine pubblico, che rende quella diffusione corrispondente al reato punito dalla norma in esame.
Teniamo presente che il reato in questione è una contravvenzione, quindi può essere punito sia a titolo doloso che a titolo colposo.
Questo significa che non è necessario dimostrare che la persona che condivida una fake news fosse a conoscenza della falsità della notizia e l’abbia diffusa consapevolmente o con un preciso intento, è sufficiente dimostrare che vi sia stato atteggiamento colposo, ovvero imprudente, negligente, imperito o posto in essere in violazione di leggi e regolamenti.
Circostanza di sicuro pacifica quando si condivide sui social una notizia senza prendersi neppure la briga di verificarne il contenuto presso le fonti ufficiali.

La diffamazione on line
L’altro reato che presenta una preoccupante connessione con la creazione o diffusione di fake news è la diffamazione, delitto previsto e punito dall’art. 595 c.p.
Quando la notizia fasulla abbia un contenuto idoneo a offendere la reputazione di un soggetto determinato e venga diffusa e condivisa con un mezzo che ne determini la conoscenza da parte di più persone, si verifica l’ipotesi della diffamazione.
A differenza dell’ipotesi precedente, però, la diffamazione è un delitto. Pertanto, il reato non può essere contestato a titolo di colpa, ma è richiesto il pieno dolo, ovvero la diffusione della notizia diffamatoria con coscienza e volontà, nella consapevolezza della portata diffamatoria dei contenuti, anche in assenza di una specifica volontà di ledere l’altrui reputazione.
Questo escluderebbe la responsabilità penale in caso di mera condivisione qualora non fosse possibile dimostrare la pienezza del dolo, salvo l’eventualità che l’utente l’abbia condivisa accompagnandola con un commento a sua volta diffamatorio.
Facciamo un esempio.
Se si trovasse su facebook un post che, per mezzo di una notizia falsa, denuncia la commissione di un fatto infamante da parte di un esponente politico, il reato da contestare al creatore e primo diffusore della notizia sarebbe certamente la diffamazione (perchè più grave rispetto rispetto al reato di turbamento dell’ordine pubblico).
Se la notizia circolasse e iniziasse ad essere condivisa senza commenti di accompagnamento, non comporterebbe necessariamente la responsabilità penale dei successivi condivisori, a meno di poter dimostrare che l’avessero effettivamente letta e condivisa nei contenuti. Sarebbe solo un caso di pessima disinformazione.
Se invece uno dei successivi condivisori accompagnasse la condivisione con un commento offensivo, a conferma del contenuto della notizia, la sola presenza di quel commento potrebbe essere di per sè diffamatoria e comunque la coincidenza di contenuto dimostrerebbe automaticamente che l’utente avrebbe letto la notizia in precedenza e l’avrebbe condivisa con consapevolezza del tono diffamatorio (peraltro espressa dal commento di accompagnamento).
La diffamazione è un reato molto serio, punito con pene severe a seconda della contestazione, che possono arrivare fino ai 3 anni di reclusione e svariate centinaia di euro di multa.
Il colpevole non si esime dalla responsabilità provando la verità del fatto, se non in ristrette ipotesi tassativamente previste dalla legge.
Quindi, è sempre bene astenersi totalmente dalla condivisione di notizie che non si sono attentamente lette e, certamente, dalla condivisione di notizie che offendono la reputazione di qualcuno.

Gli altri reati connessi alle fake news
Ci sono svariati altri reati che possono essere integrati dalla creazione o divulgazione di fake news, anche se per la loro natura difficilmente potranno essere commessi da ragazzi, la cui tutela è ciò che muove la scrittura di questo articolo.
Per completezza di informazione, tuttavia, vi farò breve cenno.
Il delitto di aggiotaggio
Ne risponde chi diffonda notizie false o ponga in essere operazioni simulate o altri artifici idonei a provocare una sensibile riduzione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari.
Procurato allarme
Se la fake news riguardasse disastri o pericoli inesistenti, potrebbe configurarsi il reato di Procurato allarme presso la pubblica autorità o Enti o persone che esercitano un pubblico servizio.
Trattandosi di una contravvenzione, tornerebbe ad operare il regime di maggior rigore per la prova dell’elemento soggettivo, per cui il reato sarebbe imputabile anche a titolo colposo.
Abuso della credulità popolare
Ne risponde chiunque pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare, sempre che dal fatto possa derivare un turbamento dell’ordine pubblico.
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