Il sexting è la pratica di scambiarsi contenuti sessuali espliciti per mezzo dello smartphone o di ogni altro mezzo di comunicazione elettronica.
Si tratta di una prassi che si è sviluppata molto negli ultimi anni, anche tra i giovanissimi, e che di per sè non costituisce reato, purché avvenga tra persone maggiorenni e consenzienti.
Tuttavia, proprio il fatto che si sia diffusa la tendenza a farne uso anche tra i più giovani ha determinato il proliferare di una serie di ipotesi di reato che coinvolgono in modo esponenziale sempre più ragazzi e ragazze, con conseguenze talvolta esiziali.
Siete sicuri di saperne abbastanza come genitori? E voi, ragazzi e ragazze, sapete come difendervi dalla possibilità di essere vittime di uno di questi reati?

Indice dei contenuti
Che cos’è il sexting?
Il sexting è l’invio di messaggi di testo aventi contenuto sessuale esplicito oppure l’invio di materiale di natura sessuale esplicita come allegato al messaggio: contenuti video, audio o fotografici, per esempio.
La parola sexting è un neologismo creato per indicare la fusione dei termini sex (sesso) e texting, che sta per l’invio di messaggi per mezzo di strumenti elettronici.
Quando parliamo di mezzi elettronici dobbiamo intendere tutti i mezzi elettronici possibili, tra quelli ancora esistenti. E se è decisamente difficile (ma non impossibile!) immaginare l’invio di un messaggio di contenuto sessuale esplicito via fax, è certamente con i social media/network e gli sms che si verifica maggiormente la possibilità di essere raggiunti da questo genere di contenuti.
Si distingue tra:
- sexting primario, che consiste nel realizzare personalmente il contenuto sessualmente esplicito da trasmettere
- sexting secondario, che consiste nel diffondere il materiale sessualmente esplicito realizzato e trasmesso da altri tramite, per esempio, i social network

Il sexting è reato?
Quando lo scambio di contenuti sessuali espliciti avviene tra persone maggiorenni e consenzienti, il sexting non è reato.
Quindi, per non incappare nella commissione di un reato, è necessario:
- che i soggetti coinvolti siano entrambi maggiorenni
- che entrambi i soggetti coinvolti siano d’accordo a creare, scambiare e ricevere con l’altro contenuti sessualmente espliciti
- che nessuno dei due soggetti coinvolti nello scambio primario diffonda a terzi i contenuti ricevuti senza il consenso della persona che in essi è rappresentata. Per diffusione a terzi si intende non solo l’inoltro a una o più persone determinate ma anche la pubblicazione su siti o social network che permettano a una pluralità indeterminata di soggetti di prendere visione del materiale condiviso.
Ma allora, quando il sexting diventa un reato?
Sexting e pornografia minorile
Farsi inviare foto o video di natura sessuale da un minore è reato.
Se lo scambio di messaggi avviene con un soggetto minore degli anni 18, la richiesta fatta al minore affinché realizzi foto, video o altri analoghi contenuti di se stesso aventi natura sessualmente esplicita, e le invii tramite un dispositivo elettronico, è reato poiché integra gli estremi del delitto previsto e punito dall’articolo 600-ter c.p. rubricato come pornografia minorile.
Il reato sussiste anche qualora non si tratti di costrizione e il minore sia consenziente sia alla produzione che all’invio del contenuto a sfondo sessuale.
A riguardo, infatti, la Corte di Cassazione ha stabilito che :
risponde del delitto di pornografia minorile, punito dall’art. 600-ter, comma primo, n. 1, cod. pen. anche colui
Cass. sez. III pen. Sent. n. 31192/2020
che, pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico, abbia istigato o indotto
il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzando l’intenzione
già esistente, ma non ancora consolidata, in quanto tali condotte costituiscono una forma di manifestazione
dell’utilizzazione del minore, che implica una strumentalizzazione del minore stesso, sebbene l’azione sia posta
in essere solo da quest’ultimo.
Quindi, anche se l’art. 600ter parrebbe non considerare la possibilità che il materiale sessualmente esplicito possa essere solo richiesto, per poi essere realizzato direttamente dal soggetto minore che sarà in esso ritratto, la Suprema Corte ha colmato la lacuna legislativa stabilendo che la condotta di chi richieda al minore di realizzare tale tipo di contenuto sia del tutto equiparabile a quella di chi lo realizzi con le proprie mani, quando sia possibile dimostrare che la richiesta ha determinato una volontà prima insussistente o rafforzato un proposito che non si era ancora consolidato.
Il fulcro della questione è quindi stabilire se la richiesta sia stata essenziale al fine della formazione del contenuto sessualmente esplicito o se, al contrario, la produzione sarebbe ugualmente avvenuta con conseguente trasmissione anche in mancanza di una richiesta esplicita in tal senso.

Su questo aspetto si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 28 ottobre 2021 a seguito dell’ordinanza di remissione n. 25334/2021.
La Corte ha precisato che la volontà del minore è il criterio che deve guidare il discrimine tra le ipotesi che costituiscono il reato di pornografia minorile e quelle che non ne integrano gli estremi, ritenendo che:
Nel rispetto della volontà individuale del minore con specifico riguardo alla sfera di autonomia sessuale, il valido consenso che lo stesso può esprimere agli atti sessuali con persona minorenne o maggiorenne, ai sensi dell’art. 609 quater cod. pen., si estende alle relative riprese, sicché è da escludere, in tali ipotesi, la configurazione del reato di produzione di materiale pornografico, sempre che le immagini o i video realizzati siano frutto di una libera scelta e siano destinati all’uso esclusivo dei partecipi all’atto. Al di fuori della ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all’art. 600 ter, primo comma, cod. pen., ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico. Viceversa, le autonome fattispecie di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 600 ter ricorrono allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta in esse previste sia posta in essere successivamente ed autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati.
Il reato sussiste anche se i soggetti coinvolti sono entrambi minori degli anni 18.
Non ha importanza che il soggetto che sollecita la produzione e la trasmissione del contenuto sia anch’esso minorenne: si ricordi che, in Italia, l’imputabilità penale è fissata a 14 anni.
Pertanto, a partire dal compimento dei 14 anni, richiedere ed ottenere l’invio di materiale sessualmente esplicito da parte di altro soggetto di età minore degli anni 18, integra gli estremi del reato di pornografia minorile, nei limiti di quanto spiegato sopra.
È interessante notare la chiosa delle Sezioni Unite nella parte in cui affermano:
Al di fuori dell’ipotesi descritta, la destinazione delle immagini alla diffusione può integrare il reato di cui all’art. 600 ter, primo comma, cod. pen., ove sia stata deliberata sin dal momento della produzione del materiale pedopornografico. Viceversa, le autonome fattispecie di cui al terzo e al quarto comma dell’art. 600 ter ricorrono allorché una qualsiasi delle condotte di diffusione o offerta in esse previste sia posta in essere successivamente ed autonomamente rispetto alla ripresa legittimamente consentita ed al di fuori dei limiti sopra indicati.
Questa precisazione significa che nell’ambito della genuina formazione della volontà a produrre e trasmettere un contenuto di natura sessuale (che secondo quanto abbiamo spiegato non permetterebbe al reato di verificarsi), qualora il ricevente lo divulgasse a terzi come esecuzione di una volontà già esistente al momento della produzione di esso, allora troverebbe invece spazio la configurazione del reato di pornografia minorile.
La Corte, in altre parole, ha equiparato il comportamento di chi riceva un contenuto sessuale esplicito “genuino” in un contesto di totale spontaneità, per poi diffonderlo a terzi come esecuzione di un proposito preesistente, al comportamento di chi richieda e ottenga il contenuto esplicitamente al fine di divulgarlo a terzi.

Caso Pratico
La chat watsapp per mezzo della quale il ragazzo sedicenne richiede e ottiene foto dei genitali della fidanzatina quindicenne potrebbe rappresentare un caso di produzione di pornografia minorile, punibile ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 600ter c.p.?
Sì, potrebbe, nonostante la minore età di entrambi e nonostante la sussistenza di un consenso da parte della giovane a realizzare ed inviare il contenuto richiesto, qualora risultasse che la volontà della minore non è genuina e indipendente rispetto alla richiesta di produrre il suddetto materiale, o risultasse in qualche modo suscitata o coartata dal comportamento del ragazzo.
Ne è un esempio classico la richiesta finalizzata ad ottenere tale materiale sotto forma di “prova d’amore“, che non costituisce un’estorsione nel senso tecnico del termine ma genera nell’altra persona la convinzione di dover produrre il materiale altrimenti si verrà lasciati.
Qualora invece risultasse evidente una libera e spontanea formazione della volontà nella produzione del contenuto da parte della persona a cui viene richiesto, il reato non si configurerebbe, salvo il caso che il ragazzo – in esecuzione di un proposito criminoso avuto sin dall’inizio – decidesse di diffondere il contenuto a terzi.
Rappresenterebbe, invece, sempre un caso di pornografia minorile, qualora la ragazza avesse un’età inferiore agli anni 14, limite legale in Italia per l’espressione di un valido consenso agli atti sessuali e, come precisato dalla Corte, alla ripresa degli stessi.
Sexting e violenza sessuale: cosa succede se si inviano foto hard a un minore?
Cosa succede se un adulto invia foto hard e sessualmente esplicite a un minorenne che non le abbia preventivamente richieste?
Qui la situazione è ribaltata rispetto a quanto visto nel paragrafo precedente: il minore riceve foto sessualmente esplicite da un adulto senza averle richieste. In questo caso, quale reato si configura?
Non si tratta più di pornografia minorile, a meno che non vi sia una condotta ulteriore finalizzata a farsi mandare foto sessualmente esplicite a propria volta dal minore coinvolto, ma di violenza sessuale, ovvero del reato previsto e punito dall’art. 609 bis del codice penale.

Con la sentenza n. 25266 del 8 settembre 2020 la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che perché si configuri il reato di violenza sessuale non è sempre indispensabile che vi sia un contatto fisico tra l’aggressore e la vittima, potendo infatti aversi violenza in ogni situazione in cui una persona sia privata della propria libertà di autodeterminazione sessuale.
Nel caso portato all’attenzione della Corte, una minorenne aveva ricevuto alcuni messaggi di contenuto sessualmente esplicito da un adulto, che le aveva richiesto con insistenza di scattare e inviare una foto in biancheria intima e, infine, le aveva inoltrato una fotografia dei propri genitali costringendola a commentarla sotto la minaccia di pubblicare i messaggi intercorsi tra i due su un sito pornografico.
La Corte ha dunque ravvisato nella condotta dell’adulto (ma se fosse stato anch’egli minorenne non sarebbe cambiato nulla) gli estremi del reato di violenza sessuale, perché la minaccia era risultata determinante a convincere la ragazzina a scattarsi la foto e, ancor di più, a tollerare la ricezione di una foto tanto esplicita dovendo anche commentarla.
In altre parole, la minore non aveva agito liberamente, nell’esercizio pacifico del proprio diritto ad accettare atti sessuali espliciti con un altro individuo (avendo già compiuto i 14 anni), ma vi era stata obbligata dal ricatto.
Questo tipo di violenza esercitata sulla volontà è stata dunque equiparata alla violenza fisica, con conseguente affermazione di responsabilità in capo all’adulto coinvolto.
Vi è anche da precisare che in un’altra sentenza ( Cass. pen., Sez. III, 30 ottobre 2018, n. 17509) la Corte ha tassativamente escluso che il fatto che la violenza sia perpetrata con l’uso dello strumento telematico, anziché della violenza fisica corpo a corpo, possa essere valutata alla stregua dell’attenuante del fatto di minore gravità. La parificazione è, dunque, totale.
Sexting e atti sessuali con minorenne
Dai reati di cui abbiamo parlato sino ad ora differisce l’ulteriore ipotesi di chi richieda e ottenga, da un soggetto di età minore di 14 anni, lo svolgimento di una conversazione telefonica, o di una videochiamata, che abbia ad oggetto la consumazione di atti sessuali a distanza.
In questo caso, il reato che ricorre è quello di atti sessuali con minorenne, previsto e punito dall’art. 609 quater del codice penale.
In questo caso la consumazione del reato è assolutamente indipendente dall’analisi del requisito della volontà, perchè l’ordinamento legislativo italiano ritiene che i soggetti che non abbiano ancora compiuto i 14 anni siano legalmente incapaci di esprimere un consenso valido alla consumazione di atti sessuali.
Pertanto, l’adulto che intrattenga una telefonata o una videochiamata a luci rosse con un soggetto minore degli anni 14 è sempre responsabile del reato di atti sessuali con minorenne.
Qualora, invece, i soggetti siano entrambi minorenni, la legge prevede una causa espressa di non punibilità: se un minore degli anni 18 intrattiene atti sessuali con un minore che abbia compiuto i 13 anni, il primo non è punibile qualora la differenza di età tra i due non superi i 4 anni.

Il problema della sextortion: Estorsione o violenza sessuale?
Tutto quello che abbiamo sin qui detto vale a distinguere le fattispecie di reato di:
- pornografia minorile
- violenza sessuale
- atti sessuali con minorenne
e hanno tutte in comune una condotta finalizzata ad ottenere materiale sessualmente esplicito da un minore.
Cosa accade, invece, quando la condotta posta in essere da uno dei due soggetti non si limiti ad ottenere dal minore il materiale sessualmente esplicito ma sia finalizzata ad utilizzare quel materiale per costringere il minore a fare qualcosa o a procurare una qualche utilità?
Ci troviamo nell’ambito della sextortion, altro neologismo inglese che indica un’estorsione perpetrata con l’utilizzo di materiale a sfondo sessuale.
La caratteristica di questo reato, l’elemento che ne determina l’esistenza, non è la limitazione della libertà sessuale dell’altra persona, ma la minaccia di arrecare un danno ingiusto alla sua reputazione ed onorabilità per ottenere qualcosa in cambio. Si tratta, a tutti gli effetti, di un’estorsione prevista e punita dall’art. 629 c.p.
Solitamente questo genere di reato viene perpetrato via web, preferibilmente sui social network, dove si viene contattati da persone che instaurano un rapporto di comunicazione che può arrivare a durare anche settimane, prima di carpire la fiducia del malcapitato di turno.
Una volta raccolto il materiale di contenuto sessualmente esplicito, del tutto consensuale nella maggior parte dei casi, questo materiale viene utilizzato per costringere la persona incastrata a pagare cifre anche importanti o a compiere atti sessuali ulteriori che non avrebbe avuto intenzione di compiere. Il tutto, sotto la minaccia di pubblicare il contenuto dei messaggi su siti internet e di divulgarlo ad amici, familiari o anche colleghi della vittima.
Questo genere di reato colpisce persone di ogni età: è indirizzato ai ragazzini e alle ragazzine, per ottenere favori sessuali o spettacoli pedopornografici via webcam che possono poi essere rivenduti nel darkweb, anche per cifre importanti.
Colpisce, però, anche gli adulti con vite familiari ben avviate e carriere strutturate, che costituiscono il profilo prediletto per l’estorsione di carattere economico. Le persone che hanno molto da perdere sono quelle più propense a pagare pur di non sacrificare la propria reputazione.

Revenge porn: quando si configura e che reato é?
Siamo giunti alla questione spinosa del revenge porn, pratica tristemente balzata agli onori della cronaca degli ultimi anni per aver cagionato la morte mediante suicidio di moltissime donne.
In questo caso, il sexting rappresenta la premessa logica e temporale per l’esecuzione di un reato indipendente. In molti casi, il sexting si svolge nella sfera di assoluta liceità di cui abbiamo parlato all’inizio, come pratica assolutamente legale tra adulti consenzienti.
Il momento patologico arriva in un momento successivo, in maniera autonoma ed indipendente rispetto ai contenuti erotici già trasmessi in modo assolutamente lecito.
Si parla di revenge porn ogni volta che un soggetto diffonda a terzi materiale di contenuto sessualmente esplicito nel quale sia rappresentata una persona che non ha prestato il proprio consenso alla diffusione o pubblicazione.
Il reato è previsto e punito dall’articolo 612 ter codice penale: diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
La norma punisce diverse tipologie di condotte:
- l’invio (tramite strumenti telematici e non)
- la consegna (a mano)
- la cessione (quindi anche dietro pagamento)
- la pubblicazione (per via telematica o anche cartacea, nel senso letterale di portare alla conoscenza del pubblico)
- la diffusione, quindi la circolazione in ogni modo possibile
di materiale video o immagini a carattere sessuale destinati a rimanere privati al momento della loro produzione senza il consenso della persona ritratta.
Le condotte punite sono non solo quelle del primo ricevente che, successivamente, divulghi il materiale; ma anche di eventuali altri soggetti terzi rispetto all’originaria coppia di protagonisti, che ne siano comunque venuti in possesso e a loro volta ne procurino la circolazione senza consenso, con l’intento di creare un danno alla persona ritratta.
Si ricordi che qualora la vicenda coinvolga un minore e il proposito della diffusione del materiale erotico ricevuto sussistesse già al momento della richiesta, della produzione e della ricezione di esso, ricorrerà la diversa ipotesi di pornografia minorile.
La linea di discrimine tra le due ipotesi di reato è proprio il momento in cui matura il proposito criminoso della diffusione: perché si abbia revenge porn è necessario che il materiale venga rivelato a terzi in un momento successivo a quello in cui il contenuto è stato creato, uscendo dalla riservatezza tipica dell’intimità intercorsa tra i due soggetti coinvolti originariamente e nell’esecuzione di un progetto criminoso che sia insorto in un momento successivo alla formazione del materiale.
A dispetto della terminologia inglese utilizzata per riferirsi a questo reato, non è affatto richiesto che la pubblicazione del materiale avvenga per vendetta: il dolo specifico dell’intenzione di creare danno è prevista solo per i diffusori successivi al primo.
Il soggetto che originariamente diffonda il materiale contro il consenso della persona ritratta risponde del reato anche se non aveva alcuna intenzione punitiva, il dolo previsto è infatti generico. È sufficiente essere consapevoli che la divulgazione viene operata contro il consenso o senza il consenso dell’interessato.

Rapporti tra il sexting e il reato di sostituzione di persona
Recentemente il tribunale di Trieste, con sentenza del 22-24 aprile 2021 n. 681, ha adottato una decisione molto interessante sul tema che stiamo trattando, sostenendo la colpevolezza per il reato di sostituzione di persona di un uomo che, dichiarando false generalità, attribuendosi l’età anagrafica di vent’anni ed utilizzando una foto del proprio figlio ventenne, aveva instaurato una relazione via social network con una ragazza disabile, carpendone la fiducia, inducendola a credere che avessero una relazione sentimentale ed arrivando a chiederle la trasmissione di materiale foto e video a contenuto sessualmente esplicito.
Nel nostro ordinamento, risponde del reato di sostituzione di persona previsto e punito dall’art. 494 c.p., chiunque al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio, o di recare ad altri un danno, induca taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Nel caso suesposto, il Tribunale di Trieste ha ritenuto che il comportamento dell’uomo integrasse perfettamente il reato illustrato, perché l’uomo aveva effettivamente raggirato la ragazza fingendosi un ventenne, l’aveva indotta a riporre in lui la sua fiducia e ad aprirsi alla possibilità di una certa intimità grazie alle generalità false che si era attribuito e le aveva fatto credere che tra i due fosse nata una seria e stabile relazione di natura sentimentale.
La ragazza aveva poi tentato il suicidio, circostanza sufficiente a dimostrare l’esistenza di quel danno prospettato dalla norma giuridica come elemento soggettivo del reato.

Come difendersi e difendere dai pericoli del sexting
La carrellata di norme e reati che abbiamo esaminato in questo post dimostra inequivocabilmente che il sexting, se praticato tra minori o con un minore o se praticato con sconosciuti avvicinati nel web, può diventare molto pericoloso.
Come genitori è fondamentale sapere quali sono esattamente i rischi legali ai quali vanno incontro i nostri figli quando utilizzano lo smartphone e i social network per intrattenere questo genere di comunicazioni.
Ma è importante anche, per noi genitori e per i ragazzi stessi, essere consapevoli che ci sono insidie profonde nel web che rischiano di vederci vittime, anzichè colpevoli di un reato.
Benché ad oggi le donne risultino tra i soggetti più colpiti dai delitti illustrati, tanto che le deviazioni illegali del sexting sono per lo più considerate crimini di genere, in realtà si tratta di eventi che possono davvero non risparmiare nessuno.
Tutelarsi è in realtà molto semplice: l’astensione totale dalla pratica di inviare materiale sessualmente esplicito a soggetti che non si conoscono nella vita reale è il solo modo per mantenere il controllo sulla nostra privacy, libertà sessuale e onorabilità. Consiglio che ci sentiamo di estendere anche ai giovanissimi che condividono questo genere di contenuti con i propri partner sentimentali: soggetti conosciuti molto bene nella realtà ma che potrebbero fare un uso improprio di quel materiale a seguito della conclusione del rapporto amoroso.
Diverso è il discorso quando si parli di relazioni sentimentali stabili e mature, tra individui adulti, che degenerino in un momento successivo.
In questo caso sarebbe idealmente scorretto da parte nostra, e di chiunque, affermare che il modo migliore di proteggersi dai pericoli del sexting e del revenge porn sia astenersi dall’invio del materiale di carattere erotico, perché sarebbe come dire che per evitare la lesione di un diritto sarebbe meglio non esercitare quel diritto.
Tuttavia è chiaro che se c’è una verità assoluta e incontrovertibile in materia di strumenti telematici ed informatici, questa verità è che una volta divulgato ad altri un contenuto che ci riguarda, su quel contenuto perdiamo di fatto ogni forma di controllo. Perché anche una successiva rimozione potrebbe non essere sufficiente a metterci al riparo dall’uso distorto che potrebbe farne chi lo avesse intercettato prima del nostro, pur tempestivo, intervento.
Partendo da questo presupposto, dunque, è chiaro che la tutela nei confronti di queste situazioni può essere esclusivamente di due tipi:
- preventiva, nel senso dell’astenersi dal condividere questo genere di materiale anche con le persone delle quali ci fidiamo perché condividono con noi una relazione sentimentale sana ed equilibrata, ma che potrebbero usare questi contenuti contro di noi in un momento successivo e meno idilliaco per la coppia;
- condividerli con le cautele del caso, esplicitando sempre molto bene che non si presta il consenso alla diffusione a terzi del materiale inviato, nella piena consapevolezza che non v’è certezza del domani e che questi contenuti potrebbero sempre essere usati contro di noi. In tale circostanza sarebbe necessario conservare sangue freddo ed equilibrio, non lasciarsi intimidire e denunciare senza paura i responsabili di un crimine doppiamente orrendo, sotto il profilo etico e sotto quello legale.
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